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» A shipwreck in the sand., I want to know: have you ever seen the rain coming down an a sunny day?

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@SallyBLG
view post Posted on 27/1/2011, 22:56




Premessa: posto per volere della grande capa Frààà.
Questa FF non ha un senso prettamente logico, è piena, piena, piena di personaggi quindi probabilmente per chi la legge ci vuole un attimo a capire tutto.
Solitamente i titoli che metto ai capitoli sono canzoni: mi piace pensare che ogni capitolo abbia una colonna sonora.
Per ora ho scritto tre capitoli ma sono cattiva e ne posto uno alla volta ù.ù

A shipwreck in the sand.


I want to know: have you ever seen the rain
Coming down on a sunny day?



o1. Chapter: » Somewhere I belong.
{I’m close to something real, I wanna find something I’ve wanted all along somewhere I belong
I wanna heal, I wanna feel, like I’m somewhere I belong.}


“Boston Logan International Airport” eccola lì spiattellata davanti ai suoi occhi: la prova che era arrivata, la certezza tangibile che era ritornata esattamente nel posto dove aveva trascorso quasi metà della sua infanzia e un pezzo poco rilevante di adolescenza; aveva la nausea e le girava terribilmente la testa ora come ora, sentendo lo speaker parlare e darle il benvenuto a Boston, non le sembrava poi un’idea così geniale essersene andata da LA.
Salutò sconcertata la hostess vicino al portellone dell’aereo che sorridente le aveva augurato un piacevole soggiorno, con un po’ di fortuna Rachel era come minimo bloccata nel traffico e lei avrebbe dovuto aspettare per almeno due ore vagando per l’aeroporto; frugò all’interno della borsa cercando il cellulare e una volta trovato lo accese, uno, due, tre, quattro messaggi: un paio di suo padre che voleva la certezza che fosse arrivata sana e salva, uno di sua cugina esaltata di rivederla e uno immancabile di Rachel che la avvertiva che a causa di un imprevisto non poteva andarla a prendere, ma la tranquillizzava che avrebbe mandato un sostituto, fantastico; se n’era andata da Boston otto anni fa e una delle poche persone che conosceva aveva appena mandato un perfetto sconosciuto a prenderla.
Ringraziò l’idea di suo padre di spedirle mano a mano tutte le sue cose vedendo passare sul nastro trasportatore la sua grossa valigia rossa, pensare che aveva cercato di prendere solo le cose necessarie per le prime settimane, la tirò giù a fatica e con un leggero calcio si aiutò a sbilanciarla per poterla trainare, seguì lentamente la folla uscendo dal terminal, si guardò attorno sconcertata alla ricerca di un volto famigliare, come se la cosa fosse possibile: si stoppò di colpo, arrossendo, un ragazzo alto vicino alla colonna stava tenendo in mano un cartello con scritto a caratteri cubitali il suo nome e cognome, alzato in bella vista come se stesse aspettando un manager di fama internazionale, si guardò attorno più volte per poi avvicinarsi piano a lui con la testa bassa «Ritira subito quel foglio» sibilò quasi guardandolo di sottecchi.
Il ragazzo si voltò quasi di scatto prendendo in pieno la valigia rossa e facendola cadere a terra, se non volevano dare nell’occhio la missione stava fallendo miseramente «Sto aspettando una persona, non posso ritirarlo» rispose abbassandosi per recuperare la valigia.
«Sono io Sally Parker,» esclamò mettendosi per bene la borsa sulla spalla «Ritiralo, per favore, sono imbarazzata a morte» sorrise forzatamente guardandolo.
«Oh,» boccheggiò il ragazzo squadrandola un attimo «Io sono Gregory» dichiarò impacciato tendendole la mano «Mi ha mandato Rachel ha avuto dei problemi e»
«Non è potuta venirmi a prendere» concluse lei la frase «Mi ha mandato un messaggio!»
«Beh, benvenuta a Boston,» rise prendendole la valigia dalle mani e iniziando ad incamminarsi verso l’uscita «Se fossi in te mi rimetterei la sciarpa» le consiglio vedendo dalla borsa penzolare fuori la fascia grigia.
«Non farà mica così freddo?» lo squadrò preoccupata mettendo il primo piede fuori dall’aeroporto, un’ondata di vento gelido la travolse scompigliandole i capelli e facendola rabbrividire, prese d’istinto la sciarpa dalla borsa e se la mise alla meglio stringendosi con le braccia il corpo «Sto rimpiangendo la California» lo guardò con un’occhiata alla ricerca della sua compassione.
«E se ti dicessi che l’unico mezzo di trasporto che ho trovato per venirti a prendere è la motocicletta di mio fratello?» domandò lui con uno sguardo pieno di preoccupazione.
«Ti direi che amo le moto, amo le moto in piena estate, con il caldo e il vento che ti rinfresca, e soprattutto senza valigia» si ammutolì improvvisamente «Scusa dove ce la infiliamo la valigia?» domandò perplessa «E no, non dire dove penso.» lo additò lei.
Gregory rise di gusto «La lasciamo in custodia a un mio amico che dovrebbe arrivare tra poco» si guardò attorno «Poco o subito, seguimi.»
Sally alzò gli occhi al cielo e si incamminò verso un ragazzo di altezza media che gli stava venendo incontro, la prima cosa che le saltò agli occhi furono di sicuro i suoi capelli, solo quando la figura si avvicinava poteva notare che no, non erano dread, ma era solo una folta chioma né riccia né liscia di capelli neri che le ricordavano Mowgli del libro della giungla, trattenne a stento una risata «Non voglio essere antipatico,ma devo scappare di nuovo a lavoro, quindi rimanderemo le presentazioni» esclamò sfuggente prendendo la valigia «Ciao Greg,» lo salutò con un pacca sulla spalla «Ciao Sally, giusto?» non aspettò la risposta per dirigersi a passo svelto verso l’automobile parcheggiata in doppia fila.
«Lui era Jamel, è uno svampito ma è un bravo ragazzo,» la illuminò Greg «E questa è la moto di mio fratello» aggiunse aprendo il bauletto per estrarre i caschi.
«Una kawasaky ninja del duemilanove, notevole.» esclamò prendendo il casco che il ragazzo le stava porgendo.
«Esperta!» affermò lui con un sorriso salendo in sella «Tieniti forte!»
Sally salì e si aggrappò alla maniglia dietro, ma appena il ragazzo mise in moto dovette spostarsi in avanti e aggrapparsi alla sua vita, probabilmente l’unica cosa che sapeva di quella moto era la marca, ancora più probabile era la prima volta che la guidava, questo non la rassicurava affatto: la sua valigia era nelle mani di un perfetto sconosciuto appena uscito dal libro dalla giungla e stava andando verso una meta non definita con un ragazzo che conosceva da malapena venti minuti che non sapeva guidare, doveva mettere come promemoria uccidere Rachel entro la mezzanotte.

Dopo venti minuti di viaggio la moto si fermò all’incrocio tra Beacon Street e Charles Street, la ragazza scese e provò sollievo nel mettere i piedi finalmente a terra, si tolse il casco e tentò di sistemarsi i folti capelli ricci; sorrise con piacere nel vedere che non era poi cambiato molto dalla sua partenza, si ricordava di quell’incrocio, le case di mattoni rossi in perfetto stile inglese e gli alberi a fianco del marciapiede che delineavano la strada, fece un giro attorno a se stessa come per volere esplorare con lo sguardo tutto quello che la circondava: alla ricerca del profumo di casa, alla ricerca di sentirsi a suo agio di nuovo, alla ricerca di un posto a cui appartenere. Quando si voltò completamente i suoi occhi brillavano, il Boston Common, i grattacieli sormontavano le alte piante del parco, gustò con lo sguardo quegli alberi colorati di arancione e rosso, quel malto erboso ricoperto di foglie contrastante con i sempreverdi, trattenne la voglia di correre su quelle foglie secche e di andare alla ricerca di qualche scoiattolo, sorrise come una bambina prima di ritornare con la testa sulla terra.
«Sal, dai sali, non aspettarmi qua al freddo!» la incitò Gregory girando la chiave nel portone.
«Oh, certo,» sorrise lei avvicinandosi «Abitavo da queste parti quando ero piccola» disse con in pizzico di malinconia.
«Noi ci siamo trasferiti qui da cinque anni circa, prima abitavamo a Leominster, non badare al casino per favore» appuntò aprendo la porta di casa «Avril,» chiamò «Avril» urlò più forte.
Sentì dei passi pesanti e veloci dirigersi verso l’ingresso «Tu,» lo additò dandogli una leggera spinta mentre Greg roteava gli occhi al cielo «Dove sono le chiavi? Tira immediatamente fuori le chiavi della moto!» sbraitò il ragazzo con fare poco amichevole.
«Paul calmo, le ho già appoggiate alla credenza, e la tua moto sta bene,» sbuffò sviandolo e andando verso la cucina.
Sally rimase impalata davanti al ragazzo che cercava disperatamente con lo sguardo le sue chiavi, quando le trovo tirò quasi un sospiro di sollievo, trarre velocemente la conclusione che fossero fratelli: il giovane uomo che aveva davanti era solo di un paio di centimetri più alto e con i capelli più scuri, nonostante la pettinatura con il ciuffo davanti agli occhi e qualche ciocca piastrata con cura all’insù, gli occhi color cioccolato fuso erano gli stessi, ma avrebbe potuto giurare che quelli dello sconosciuto che aveva davanti avessero qualcosa di magnetico.
«Greg, scusami» esclamò una ragazza con voce lagnosa «Ho provato a fermarlo, ho tentato anche di dargli venti dollari per farlo uscire di casa e non farlo tornare fino all’ora di cena.»
«Peccato che io per uscire uso la moto, e quando sono andato giù in garage, non solo mi sono reso conto di essere senza chiavi ma anche senza moto!» urlò il moro andando verso la cucina.
La riccia fece un paio di passi imbarazzata «Greg ascolta io posso andare a casa di Rachel a piedi, non penso che tarderà ancora molto» disse a bassa voce tentando di non attirare troppo l’attenzione.
«Sei l’amica californiana di Rachel?» cinguettò la ragazza voltandosi curiosa «Ti immaginavo bionda, ma sei bellissima lo stesso!» la abbracciò in segno di benvenuto «Io sono Avril, l’unica sana in mezzo alla famiglia Winston, Greg lo conosci già, e quello schizzato alto quasi due metri è Paul» li indicò e i due ragazzi sorrisero per la circostanza «E’ il fratello di mezzo, per questo soffre di crisi isteriche» le disse piano nell’orecchio e Sally non poté fare a meno di sorridere davanti a quella piccola famiglia così ben assortita.
«Piacere Paul» si avvicinò il ragazzo tendendole la mano «E quella che soffre di crisi isteriche è lei, sono io l’unico normale qui dentro.» appuntò schioccando un’occhiata agli altri due che alzarono gli occhi al cielo in un gesto simultaneo quasi teatrale. «Perdona questo piccolo disguido famigliare» aggiunse facendole l’occhiolino.
«Scusate» mimò la riccia con le labbra tirando fuori dalla borsa il cellulare «E’ Rachel!» aggiunse rispondendo e spostandosi verso l’ingresso.
«E’ carina,» esclamò fissando la ragazza mentre si spostava dalla loro visuale «Molto carina» aggiunse sorridente.
«Sei impegnato!» lo rimproverò Greg «E io sono il fratello più grazioso per lei» esclamò compiaciuto.
«Così mi piaci fratello!» gli diede una leggera pacca sulla spalla Avril «Datti da fare!»
Sentirono i passi di lei ritornare verso la cucina e si ammutolirono «Io andrei, sapete Rachel è tornata a casa» sorrise imbarazzata «Greg quando pensi che il tuo amico possa portarmi la valigia?»
«Domani mattina, ma ti accompagno!» si avvicinò lui.
«Oh no, ti sei già disturbato abbastanza» declinò l’offerta gentilmente «Ho voglia di fare due passi e poi Chestnut street è qui vicino vero?»
Avril annuì «Però non è bello che vai in giro da sola, dai fatti accompagnare, scegli uno dei miei due promettenti fratelli!» i due ragazzi la fulminarono con lo sguardo e lei si azzittì improvvisamente.
«Ti accompagno almeno alla porta,» si offrì Greg facendole strada «Se hai bisogno di qualcosa sai dove trovarmi» sorrise cordialmente aprendole la porta.
«Grazie di tutto» ricambiò lei uscendo «A presto, ciao Avril, ciao Paul» si avvicinò a Gregory e gli diede un leggero bacio sulla guancia «Ciao e grazie ancora.» si allontanò scendendo le scale lasciando il ragazzo impalato accanto alla porta mentre la guardava andare via.

Uscita si avvolse meglio nella sciarpa e respirò una buona quantità d’aria, l’aria pungente del sole che calava non le faceva sentire freddo, si sentiva un po’ a casa, forse non era stata poi un’idea così stupida andarsene da Los Angeles, forse avrebbe davvero potuto ricominciare da capo, camminò con le mani in tasta e la testa tra le nuvole; dopo quasi un quarto d’ora passato a camminare alzò gli occhi al cielo e si rese conto di non avere la più pallida idea di dove fosse: Pinkney Street, quella via non le ricordava nulla e di sicuro non era sulla strada giusta per andare a casa, prese in mano il telefono e compose il numero dell’amica, non avrebbe potuto ucciderla, in fondo era in debito con lei.
«Rachel,» esclamò con voce melensa «Credo di non essere esattamente sulla strada giusta,» sospirò «Penso di essermi persa.» concluse infine allontanando il telefono dall’orecchio, le urla della mora potevano renderla sorda in meno di un minuto.
 
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fràà.
view post Posted on 27/1/2011, 23:55




Voglio leggere il seguito u.u
Bellissima <3
 
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roxanne ;
view post Posted on 28/1/2011, 00:00




WAH PURE QUIIDBFVIUFNVIOFDNVOI

lol

*se ne va camminando sulle mani*
 
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_CassieT.
view post Posted on 28/1/2011, 18:06




Avevo tanto sentito parlare di questa ff *COFFCOFF*
ora finalmente posso leggerla lalala
e non leggo ff dall'alba dei tempi quindi posta il seguito subito fhjdfdghjk
in quanto già l'hai scritto *-*
<3
 
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@SallyBLG
view post Posted on 28/1/2011, 19:31




o2. Chapter: » I’ll be your sunset.
{Tell me things will be alright
Just tell me will be together someday
It’s in the dream I have I’ll be your sunset.}


«La Newman High School è una delle scuole più prestigiose della città, i vostri genitori spendono molti soldi per la retta e voi avete lottato molto per entrare, ora mi chiedo: volete rinunciare a questa preziosa opportunità ed essere sbattute fuori solo per degli stupidi scherzi di corridoio?» il signore robusto di mezz’età appoggiò la penna sulla scrivania riprendendo a guardare con insistenza le due ragazze che parevano non voler rispondere «Non è il primo reclamo che vi faccio, e siamo solo a metà ottobre, alla prossima lamentela sono costretto a sospendervi,» sospirò scotendo la testa «Per oggi ve la cavate con la pausa pranzo passata a pulire gli spogliatoi della palestra. quelli che per l’appunto avete sporcato voi finché non avete finito di pulire non ve ne andrete da qui! E adesso andate Florés e Lindley, non vi voglio più vedere in quest’ufficio per almeno i prossimi due mesi!» si dolse sconsolato di nuovo, facendo cenno alle due ragazze di andarsene, cosa che fecero immediatamente con un cenno di consenso e la testa bassa.
Il lungo corridoio bianco contornato da centinaia di armadietti rossi all’ora di pranzo risultava deserto, era la prima volta che lo vedevano così, ad eccezione fatta per quei pochi secondi di ritardo che ti è concesso fare tra una lezione e l’altra, ma questa volta era diverso, non c’erano quelle poche anime solitarie destinate a correre verso l’aula, non c’era proprio anima viva.
Lo stomaco della rossa brontolò voracemente, prontamente la ragazza mise una mano sulla pancia e alzò gli occhi al cielo sconsolata «Ho già fame.» proferì iniziando a scendere le scale verso la palestra.
«Non capisco come siano riusciti a beccarci,» esclamò la bionda «Cioè in questa scuola centinaia di persone odiano quelle ochette in divisa che sculettano per i corridoi no?»
«Lucy, sono cinque anni che siamo qua dentro, se togli il primo dove ancora eravamo delle ragazze innocenti, beh,» sospirò «Sono quattro anni che riempiamo di schiuma da barba i loro armadietti negli spogliatoi, e sono quattro anni che veniamo beccate.»
«Ho rubato la schiuma a mio fratello, stasera mi ucciderà.» constatò la ragazza.
«Sempre se non ci ucciderà prima il mio che ci aspetterà quasi un’ora in macchina, meno male che gli avevo detto che stavamo in biblioteca a studiare fino alle cinque» ribatté Lucy sbuffando «Beh pensavo peggio Roxie.» aggiunse vedendo il pavimento degli spogliatoi imbrattato di schiuma bianca.
«Devo ancora capire perché ogni singolo anno quando vedono le loro cose sporche devono necessariamente poi lanciarle per terra, e urlare, urlare fino a farmi uscire fuori di testa.» la rossa si abbassò tirando su una divisa imbrattata e mettendola nel cesto «Ti ho già detto che ho fame?»
«Sì Roxanne Lindley, sì.» mormorò la biondina.
«Gnè gnè Lucy Florés, gnè gnè.» le fece il verso la ricciola rossa concludendo la conversazione.
In quasi cinque ore e mezza le ragazze avevano ripulito tutto, era ormai tradizione di tutti gli altri accanirsi contro le cheerleader: alla Newman High School, al contrario di quasi tutte le altre quel ruolo non era necessario, se non per far contento qualche giocatore di football con poco cervello; per questo se l’erano sempre cavata con poco più di una punizione, per questo erano tra le ragazze più ben viste della scuola, mettevano solo in pratica attraverso innocui scherzi il pensiero di centinaia di studenti e il preside questo lo sapeva fin troppo bene.
Uscirono nella solitudine di una scuola oramai abbandonata da ogni tipo di studente, salutarono le bidelle e si fondarono fuori «Almeno tuo fratello non ci ha lasciate a piedi,» esclamò la rossa vedendo la macchina di Rian parcheggiata sull’altro lato della strada.
«Anche il tuo» rise Lucy alludendo al ragazzo che stava praticamente seduto fuori dal finestrino dell’automobile a fumare e a cantare una strana canzone che stava evidentemente passando alla radio «Oh merda!» sbottò la ragazza fermandosi improvvisamente.
«Sì lo so che mio fratello è una merda,» affermò la rossa continuando a camminare.
«Non ce l’avevo con Alex» scosse la testa la bionda «Ma con Zack che è seduto dietro.» sospirò.
«Su forza,» la incitò l’amica «Ciao Rian, ciao Zack, ciao Merda!» salutò dando una spinta a suo fratello per farlo rientrare dal finestrino e farla salire.
«Ciao Roxanne mia sorellina adorata,» stridulò scompigliandole i capelli e facendola salire dietro.
Lucy si sedette in silenzio ricambiando con un sorriso di circostanza il saluto di Zack, «La prossima volta non ti aspetto per più di un’ora qua fuori, non sono la tua baby sitter e anche io ho delle cose da fare» proferì acido Rian.
«Oh andiamo Ry, sono cose che succedono avranno fatto uno dei loro soliti scherzi e stasera non potrai farti la barba come al solito, rilassati!» controbatté Lex appoggiando i piedi sul cruscotto, guadagnandosi l’ennesima occhiataccia da parte del guidatore.
«Ehi piccola Lucy, tutto questo silenzio ci uccide!» la punzecchiò Zack facendole un buffetto sulla guancia, la bionda emise quasi un ringhio.
«Ehi Sis tutto bene?» si voltò il fratello con aria preoccupata «Non volevo essere così stronzo prima!»
La ragazza sorrise, adorava suo fratello, adorava essere la sua Little Sis, adorava quando la rimproverava per poi preoccuparsi subito dopo della sua reazione «Tutto ok, scimmiotto!» lo prese in giro per poi sporgersi e dargli un bacio sulla guancia, il ragazzo la guardò male per poi voltarsi e sorridere.
La strada da Back Bay e Beacon Hill proseguì tranquilla ad eccezione fatta per la voce di Alex che riempiva l’automobile di rumore e le urla di Roxanne che lo imploravano di stare zitto.
Il sole stava tramontando e passare accanto al Boston Common era sempre un piacere anche per chi abitava lì da anni oramai, in dieci minuti si ritrovarono a casa Flòres e Rian parcheggiò davanti al 18 di Pinkney Street.
Alex scese dall’automobile e si stiracchiò i muscoli, manco avessero fatto un viaggio di ore, tirò fuori dalla tasca dei jeans una lucky strike rossa e con l’altra mano la accese facendo scivolare lungo i jeans la rotella dello zippo in una maniera da film quasi infallibile.
«Cenano tutti da noi?» domandò scocciata Lucy cercando dentro la borsa le chiavi di casa.
«Sì ma ordiniamo una pizza» la tranquillizzò il fratello.
«Se non ci vuoi piccola Florés ce ne andiamo eh» scherzò Zack passandole un braccio dietro la schiena e tirandola verso di se facendole quasi perdere l’equilibrio, le schioccò un bacio sulla fronte per poi lasciarla andare.
La ragazza rimase impalata arrossendo in volto, le braccia stese lungo i fianchi e i pugni stretti «Quando la smetterai di chiamarmi piccola eh?» gli sbottò in faccia «Ho diciotto anni Zackary, per tua informazione non sono più la bambina che giocava nel cortile di casa tua.» aggiunse scocciata cercando tremante di infilare la chiave nella toppa.
«E girava nuda per la tua piscina,» scoppiò a ridere Lex.
«Ma che gli è preso?» chiese Zack interdetto, alzando le mani in segno di resa.
«Andate a fanculo.» sibilò la bionda entrando in casa.
«Non guardate me!» alzò gli occhi al cielo Roxie seguendo la ragazza dentro.
I tre ragazzi si sedettero noncuranti sul marciapiede davanti a casa con la testa all’insù, come per voler assaporare gli ultimi sbiaditi raggi di sole della giornata, stava per iniziare l’inverno e quelli sarebbero stati gli ultimi momenti buoni per stare fuori seduti per terra.
«Chissà cos’aveva tua sorella» sospirò Zack appoggiando le braccia dietro di se.
«Si sarà presa una cotta per il migliore amico del suo fratellone» cantinelò Lex incastrando la sigaretta tra l’indice e il pollice e lanciandola dall’altra parte della strada rischiando quasi di prendere una ragazza che si guardava attorno. «Ops» aggiunse girandosi e prendendo a fischiettare.
La giovane si voltò di scatto e lo fulminò con lo sguardo «Ma quella è Sally,» balzò in piedi Zack «Sally!» la chiamò salutandola con la mano.
«Zack!» esclamò lei correndogli incontro «Sa quanto tempo!» lo abbracciò veloce per poi squadrarlo «Ti ricordavo con dei bei riccioli biondi! Dove sono finiti?» domandò alludendo chiaramente al suo crestino.
«Cambio look!» sorrise lui toccandosi d’istinto i capelli «Ma cosa ci fai qui? Non dovresti già essere a casa di mia sorella?»
«Non è potuta venirmi a prendere, è venuto un certo Gregory, la mia valigia è nelle mani di un certo Jamel e io sono uscita da casa Winston convinta di poter raggiungere casa di Rachel con facilità e invece mi sono persa.» rise sconsolata.
«Un classico, ti accompagno io da lei, non è distante da qua, non sei finita fino a Chinatown» sorrise il biondo «Ah lui è Alex,» disse indicando l’amico che li stava fissando da almeno cinque minuti buoni «E lui Rian!» disse mostrandole il ragazzo moro con i capelli corti.
«Rian Florés?» domandò la riccia stupita «Lo stesso Rian Florés con cui andavo alle elementari?»
«Sally Jade Parker!» esclamò lui entusiasta abbracciandola «Sono passati anni!»
«Ho avvertito mia sorella, ti accompagno io!» li interruppe Zackary.
«Salutami Rachel e Vicki» esclamò impulsivamente Alex «O forse no, solo Vicki» mormorò confuso.
«Ha qualche problema?» chiese Sal vedendolo mentre si accendeva nervoso un’altra sigaretta.
«Nessuno a parte una piccolissima cotta per Rachel» gli diede un paio di pacche sulla spalla Rian.
«Fa sempre strage di cuori, chissà come se la passa Martin» rise lei «Bene, Rian è stato un piacere rivederti, dai un bacione a Lucy da parte mia e ci vediamo presto!» lo abbracciò nuovamente «E Lex piacere di averti conosciuto.»
«Piacere mio amica californiana di Rachel!» alzò la mano il moro dai capelli scompigliati.
«Salutatemi le ragazze,» disse Zack con una smorfia mentre si avviava verso casa della sorella.


La ragazza dai capelli castani perfettamente lisci continuò a camminare avanti e indietro per la stanza senza badare al telefono che era squillato almeno tre volte negli ultimi dieci minuti, si affacciò alla vetrata e guardò fuori il sole iniziava a calare, sarebbe mancata nemmeno un’ora e sarebbe potuta tornare a casa e mettere fine a quell’infernale giornata lavorativa, sentì la porta dell’ufficio aprirsi e non ci impiegò molto a capire che quello che era entrato senza bussare come suo solito fosse Gabriel: il suo capo.
«Sono dieci minuti buoni che tento di chiamarti Gretchen, potresti anche rispondere!» la rimproverò sedendosi sulla sedia davanti alla scrivania.
«Quella stronza ci ha scaricato, ci ha scaricato da un giorno all’altro e io non posso anche occuparmi della rubrica Coupling, senza contare della The clothes we wear, da dove l’hai pescata quella? Devo correggerle pure gli errori grammaticali!» sbuffò la giovane tirando fuori dal cassetto una bottiglietta d’acqua.
«Sono arrivati venti curriculum nell’ultima settimana, troveremo un rimpiazzo.» tentò di rassicurarla l’uomo.
Gabriel Saporta non era il classico grande capo che la gente si aspetterebbe di trovare in una testata giornalistica prestigiosa come quella del Boston Globe: che era stato raccomandato dal suo ricco padre oramai all’interno di quegli uffici lo sapevano tutti, che era tanto bravo a parlare e a sedurre le segretarie ancora di più.
«Oh andiamo Hall, rilassati tra un’oretta sarai a casa e il tuo amato Jonathan ti farà un bel massaggio» aggiunse appoggiando i piedi sulla scrivania.
La ragazza alzò gli occhi al cielo, era dannatamente irritante per una che come lei avrebbe dato la vita per del giornalismo, per una come lei che aveva lottato con unghie e denti per diventare redattrice.
«Li passo a prendere prima di andare a casa, gli darò un’occhiata così domani possiamo chiamare e fare i colloqui» sospirò sorseggiando l’acqua e sedendosi sulla sua sedia in pelle.
«Agli ordini capo» scherzò lui allentandosi il nodo della cravatta «Sinceramente, ancora non capisco perché te la prendi tanto, si è vero, siamo circondati da gente incompetente, da gente che rimane qua per un mesetto per poi scaricarci frustrato, da stagisti che nemmeno sanno fare un caffè, però andiamo la vita non è solo lavoro!» proferì le sue solite perle di saggezza.
“Incompetenti come te, oh se pensassi di più all’organizzazione invece che a fare sesso sulla scrivania del tuo ufficio” pensò innervosendosi «Già, penso troppo al lavoro, ma che ci vuoi fare io ero una stagista maniacale e puntuale, ora che sono redattrice non è cambiato poi molto e poi diciamocelo, se non ci fossi io qua dentro sarebbe un casino» sorrise di circostanza.
«Su questo non ci sono dubbi, sono orgoglioso di te!» le disse alzandosi e dandole una pacca sulla spalla «Ci vediamo domani!» aggiunse aprendo la porta.
«A domani Gabe» sospirò sedendosi, avrebbe voluto mettersi le mani nei capelli, diede un’occhiata fugace all’ora scritta sul suo computer, ancora quaranta minuti e sarebbe uscita, ancora un’ora e mezza e sarebbe potuta essere a casa tra le braccia di Jon.


 
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fràà.
view post Posted on 28/1/2011, 19:50




Zack Merrick, Gabe Saporta... cioè... BEL capitolo u_u

però ho bisogno di un piccolo schema sui legami di parentela XD
 
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@SallyBLG
view post Posted on 28/1/2011, 20:36




Lucy è sorella di Rian (ATL lol)
Roxie è sorella di Alex (ATL)
Rach sorella di Zack (...sì il Merrick ahaha)
 
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fràà.
view post Posted on 28/1/2011, 22:04




gnam :Q___
ma non mi hai postato il capitolo è_é
 
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@SallyBLG
view post Posted on 28/1/2011, 22:40




cosa vuoi anche il terzo? O:
 
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fràà.
view post Posted on 28/1/2011, 22:48




hai detto dopo cena ti posto l'altro :O
 
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@SallyBLG
view post Posted on 28/1/2011, 23:20




Ah ma io intendevo le OS v.v
L'altro ve lo posto domani un po' di suspance ahahahaah
 
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fràà.
view post Posted on 29/1/2011, 00:03




che malvagIa D:
 
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@cice
view post Posted on 29/1/2011, 18:07




capitolo capitolo capitolo *-*
 
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@SallyBLG
view post Posted on 29/1/2011, 19:12




o3. Chapter: » Somebody told me.
{Ready? Let’s roll onto something new taking its toll and I’m leaving without you.
Ready? Let’s roll onto something new but heaven ain’t close in a place like this.
Anything goes but don’t blink you might miss.}



Aprì la porta di casa e un profumo di pasta al pomodoro mescolata a qualche spezia la avvolse solleticandole il palato, sorrise spontaneamente appoggiando le chiavi alla credenza vicino all’entrata, si tolse le scarpe con il tacco per non fare rumore e si avvicinò silenziosa verso la porta della cucina, si sporse leggermente e trattenne a stento una risata: era lui, la sua aria, impacciata a mescolare una pentola sul fuoco, con quel cappello da cuoco messo storto da dove gli uscivano i suoi ricci castani e quel grembiule, che una volta era bianco e ora era a pois rossi di sugo.
Oramai era constatato, poteva essere la giornata peggiore della sua vita, ma entrando in quella piccola casa ogni problema, ogni screzio, ogni nervosismo svaniva facendo spazio ad un senso di serenità di cui non avrebbe mai potuto fare a meno.
«Lo so che sei lì,» esclamò lui voltandosi e donandole ancora una volta il suo splendido sorriso.
Eccola un’altra cosa che amava incondizionatamente di lui: la conosceva, la conosceva meglio di chiunque altra persona sulla faccia della terra.
«E’ sempre bello vedere un cuoco pasticcione all’opera,» rise avvicinandosi a lui e dandogli un bacio a fior di labbra.
«Com’è andata a lavoro?» chiese dolcemente lui avvolgendole con le braccia la vita e costringendola a mettersi in punta di piedi.
«Oh no Jonathan Cook, non ho la minima intenzione di ammorbarti raccontandoti del narcisismo smisurato del mio stupido, raccomandato, egocentrico capo,» rispose mettendogli le braccia attorno al collo per dargli un altro bacio: amava le sue labbra soffici e rosee.
«Va bene mia piccola Gretchen Hall, ma se continui a baciarmi così io non potrò più lasciarti andare e la pasta finirà con lo scuocere,» rise divertito senza avere la minima intenzione di lasciarla andare.
«Ma io non ho fame,» sorrise strofinando il suo naso contro quello di lui.
«Hai già cenato?» domandò lui con quel fondo di ingenuità che lo caratterizzava.
«No, sono sazia di te.» gli soffiò nell’orecchio, lo sentì rabbrividire e sorrise di rimando.
Jon le cinse la vita baciandola e facendole fare una mezza giravolta, con forza la sollevò da terra e lei incrociò le gambe dietro la sua schiena «Sicura di non volere mangiare niente prima?» fece un mezzo sorriso sarcastico mordicchiandole il collo.
«Shh, Cook mangeremo dopo,» gli passò una mano tra i capelli «A letto.» aggiunse maliziosa.
Si appoggiò al cuscino e perse il conto dei minuti passati a fissare il soffitto candidamente bianco: era tutto perfetto, nella sua mente era tutto perfetto, non c’era nessun pensiero che poteva frenarli in quel modo, sentiva il suo respiro rotto e trattenne a stento un singhiozzo, si sentiva così inadeguata e sbagliata in quel momento, avrebbe tanto voluto che il letto la risucchiasse in quelle morbide lenzuola frenando lo sguardo insistente di lui su di lei.
L’aveva letto così tante volta nella rubrica Coupling, quello non era di certo un buon segno, era un chiaro ed evidente campanello d’allarme, eppure nemmeno mezz’ora prima questi pensieri non le sarebbero mai passati per la mente.
«Gretch, non è colpa tua,» cercò di iniziare quella scomoda conversazione lui «Può capitare a tutti, anche alle coppie migliori.» sorrise accarezzandole la spalla nuda come per rassicurarla.
La ragazza si tirò su seduta di scatto «Jon ti prego, dimmi la verità: mi tradisci? Non ti piaccio più?» chiese implorante.
Il riccio rise quasi «Stai scherzando vero?» la guardò e capì che era seria «No, non ti tradisco, non lo farei mai e mi piaci come la prima volta che ti ho vista quel sette gennaio sulla pista di pattinaggio con il sedere a terra e i capelli tutti scompigliati.»
Lei tirò quasi un sospiro di sollievo appoggiandosi al suo petto e facendosi accarezzare «Non voglio che finiamo come quelle coppie sposate da anni che non riescono più a fare l’amore, non voglio.»
«Non succederà, e poi probabilmente sono io quello sbagliato,» affermò il ragazzo alzandosi in piede
i e dirigendosi verso il bagno, in quel momento lei si sentì terribilmente sola, cercò di frenare il flusso scrosciante dei suoi pensieri, si alzò e si rivestì per andare a scaldare la cena.


Un rumore sordo riempì il silenzio della casa, la corvina accese la televisione noncurante buttandosi sul divano di pelle nera, posizionò per bene uno dei numerosi cuscini e iniziò a cambiare canale spasmodicamente «E’ il terzo bicchiere che rompi nel giro di dieci giorni, hai per caso il parkinson Moore?» roteò gli occhi al cielo.
«Potresti venire a darmi una mano a mettere a posto invece di criticare!» si lamentò l’altra raccogliendo i pezzi di vetro dal pavimento in marmo.
«Ma io sono stancaaaa» si lagnò Rachel sbuffando e cambiando per l’ennesima volta canale.
«E io tra due ore devo essere a lavoro!» rispose duramente la mora «Ma la Parker quando arriva?» domandò raggiungendo la ragazza in salotto e spostandole di peso le gambe per prendersi un po’ di posto sul divano.
«E’ andato Zack a raccattarla, vagava come un piccolo cucciolo abbandonato vicino a Pinkney Street» proferì appoggiando i piedi con ancora indosso le scarpe sul grembo della ragazza senza badare al sonoro sbuffo di Vicki.
Sentirono la porta dell’entrata aprirsi e la mora sorrise togliendosi di dosso il corpo di Rach facendola quasi finire a razzolare sul tappeto «Sal!» cinguettò abbracciandola con foga prima che la ragazza potesse mettere un piede dentro l’appartamento «Sono così felice di vederti!» aggiunse prendendole dalle mani i pacchetti del take away cinese dell’angolo.
«Mi sei mancata tanto anche tu Vick» sorrise sincera lasciando la borsa sull’appendiabiti vicino all’entrata.
«Fai pure come se fossi a casa tua Parker!» esclamò la corvina, che si era trascinata fino al soggiorno.
«Tu sei una maledettissima stronza, ma ho troppa fame per discutere!» ribatté la riccia spostandosi finalmente dall’entrata e lasciando spazio al ragazzo per entrare.
«Su su calma ragazze, ci sono anche io se non ve ne foste accorte!» fece una mezza giravolta Zack.
Le tre ragazze alzarono gli occhi al cielo dirigendosi verso la cucina: la casa era accogliente grazie alla scelta dei calori caldi sulle pareti, il caminetto in salone dava un senso di familiarità che fece sentire Sally a casa, Rachel le fece fare un veloce giro della casa e si soffermò per dieci minuti buoni a farle vedere il suo letto rotondo dalle lenzuola di raso zebrate, se l’era immaginata esattamente così: l’amica doveva essersi data parecchio da fare per arredarla e metterla a posto visto che l’aveva ereditata da sua nonna da nemmeno un anno.
«Ho portato il curriculum che mi hai inviato per e-mail al Boston Globe come mi hai chiesto,» disse la ragazza richiudendo la porta del bagno.
«Lo so,» sorrise «Mi hanno già chiamata per un colloquio, devo andarci lunedì mattina!»
«Il tuo stage al New York Times ti è stato utile! Scusa se non sono riuscita a venirti a prendere stamattina, ma-»
«Doveva stalkerare Martin,» la interruppe Vick raggiungendole «Venite a mangiare? Si raffredda il cinese e poi tra poco devo andare a lavorare!» aggiunse saltellando verso la cucina.
«Perché è così felice?» domandò la riccia additandola.
«Perché vede il suo John adorato,» la prese in giro Rachel.
«Sta ancora con John?» domandò stranita Sally.
A volte gli anni sembrano passare così lentamente che ti sembrano eterni, si ricordò di due estati fa: erano andate in California a trovarla per le vacanze e quei quindici giorni non erano bastati per raccontarsi tutte le cose successe durante l’anno, tutti gli spasimanti di Vicki che lei continuava a rifiutare, tutte le storie di Rachel nate solo con lo scopo di far ingelosire Martin, ora che erano cresciute sentì quasi un senso di noia e soprattutto si sentì inadeguata e immatura, loro erano andate avanti con la loro vita, avevano ottenuto ciò che volevano, lei l’unica cosa che era riuscita a fare era scappare dai suoi problemi tentando di ricostruirsi una nuova vita.
«Sal penso che tu abbia bisogno di qualcosa da mettere!» disse la mora ingurgitando l’ultimo involtino primavera «Venite anche voi no?» domandò a Rachel.
«Ti pare che io mi perdo un sano venerdì sera al Beacon Hill Pub? Spero che tu stia scherzando Moore!» si alzò la corvina buttando il suo cartone del take away.
«Tu sicuramente stavi scherzando sul sano,» appuntò Vicki facendo cenno alla riccia di alzarsi e seguirla.
La ragazza sbuffò sonoramente «Sì ecco, Zack dammi una mano almeno tu visto che quelle devono andarsi a rifare trucco e parrucca.»
«Quelle cose che fanno tutte le ragazze tranne te insomma,» rispose il ragazzo finendo la sua birra.
La sorella gli tirò uno scappellotto e Zack fece finire il collo della bottiglia sul naso «Ahia,» si lagnò «Rachel mi hai fatto male!» la rimproverò quasi.
«Gli uomini non si lamentano,» rispose lei «Tranne te insomma.» concluse con un sorriso e schioccando un sonoro bacio sulla guancia al fratello che ancora stava borbottando.


In un quarto d’ora si ritrovarono davanti al Beacon Hill pub al 149 di Charles Street, Vicki sbuffò e salutò le ragazze entrando nel locale praticamente ancora vuoto, Sally cercò all’interno della borsa le sigarette e ne passò una a Rachel che stava imprecando da cinque minuti buoni perché non le trovava «Grazie» borbottò scocciata per non averle trovate.
Zack rise per poi voltarsi dall’altra parte e fissare il cielo «Le hai tu stronzo!» lo additò la sorella.
«Dovresti smetterla di fumare sorellina, ti fa male» esclamò lanciandogliele.
La mora lo ignorò completamente soffiandogli il fumo in faccia, si voltò e vide una ragazza in lontananza con un vestito blu e che tentennava sui suoi tacchi alti «Arriva l’alcolizzata di turno,» rise.
La ragazza dai capelli perfettamente lisci salutò sorridente avvicinandosi «Ciao ragazzi!» cinguettò tirandosi giù il vestito che era salito camminando.
«Il resto della famiglia Winston dov’è?» chiese Zack evidentemente a disagio di essere l’unico uomo in mezzo a tre ragazze.
«Aspettavano Martin e poi ci raggiungevano,» rispose Avril guardando attraverso il vetro del pub.
«Oddio,» roteò gli occhi al cielo Rachel «Faccio in tempo a ubriacarmi, vomitare e di nuovo a ubriacarmi prima che arrivino.» constatò la ragazza gettando il mozzicone di sigaretta a terra.
«Guarda il lato positivo» appuntò Sally «Arriverà in tempo per il tuo secondo round in bagno!»
«Entriamo?» domandò annoiato il ragazzo roteando gli occhi al cielo, non voleva stare da solo con loro ad ascoltare i loro discorsi da donna, e no, non avrebbe voluto nemmeno tenere la testa a sul water a sua sorella.
In meno di mezz’ora il locale iniziò ad riempirsi e Vicki iniziò a trotterellare tra i tavoli a prendere le ordinazioni, decine di boccali di birra venivano riempiti e svuotati nel giro di dieci minuti da ragazzi annoiati presi a fissare l’ennesima partita dei Red Sox, ogni tanto un boato della folla riusciva pure a coprire la musica assordante sparata dalle casse sui lati. Avril continuò a ondeggiare da una parte all’altra bevendo l’ennesimo sex on the beach e facendo l’interrogatorio alla riccia sui ragazzi californiani, Zack fissò il fondo della sua birra e tirò quasi un sospiro di sollievo vedendo arrivare i suoi amici, scattò in piedi e rischiò di far cadere Avril che era praticamente appoggiata a lui.
«Finalmente, finalmente!» esclamò estasiato il ragazzo abbracciando Jack.
«Che bello c’è anche mister Baker,» roteò gli occhi al cielo Avril.
«Qualcuna a caso stasera farà del sano sesso,» constatò Vicki appoggiando le tre vodke alla menta sul tavolo «Queste le offre la casa, mi aspetto poi una lauta mancia.» sorrise paciosa «Ah ragazze, dormo da John stasera quindi non aspettatemi,» mise i bicchieri vuoti sul vassoio e si dileguò tra la folla.
Un ragazzo alto e moro salutò Zack con una pacca sulla spalla e si avvicinò al tavolo con un mezzo sorriso spavaldo, Rachel fissò i suoi capelli scompigliati e alzò lo sguardo al cielo, doveva regalargli una seduta dal parrucchiere il più presto possibile «Ciao ragazze,» alzò la mano in segno di saluto «Ciao piccola Rach,» le diede un bacio in fronte e le fece cenno si alzarsi, la mora sbuffò guardando il suo ragazzo che si sedeva sulla sua sedia, non fece in tempo a ribattere che l’aveva avvolta con le braccia e l’aveva trascinata in braccio a sé.
«Non so se ti ricordi di Martin,» esclamò Rachel spostandosi un po’ in modo da mostrarlo a Sal.
«Oh,» borbottò la riccia «Forse me lo avevi nominato una volta in una e-mail» trattenne a stento una risata.
Martin si corrucciò e fissò a lungo la sua ragazza «Non le hai mai parlato di me?»
«Shh, amore» lo zittì la corvina dandogli un veloce bacio e passandogli veloce una mano tra i capelli «Lo so che è un duro colpo al tuo ego, ma non potevo ammorbare la mia migliore amica californiana raccontandole di te.»
«Martin Russell» tese la mano il ragazzo, Sally la strinse e un brivido la percorse, guardò i suoi occhi azzurri perfettamente limpidi e le prese un vuoto di stomaco: quel ragazzo aveva un’aria così stranamente famigliare che le fece raggelare il sangue nelle vene.
«Sally Parker,» tentennò la riccia.
Bevve tutta d’un fiato la sua vodka menta e respirò profondamente, il suo sguardo incrociò quello di Paul, sì soffermò sulla sua giacca di pelle nera che gli metteva in risalto le spalle per poi salire e incastrare i suoi occhi azzurri in quelli di lui: quegli occhi color nocciola che le sembravano quasi trasparenti, quegli occhi che sembrano volerle raccontare una storia, quegli occhi che brillano di una luce che le fa perdere per un attimo la concezione di tempo e spazio. La salutò con un cenno della mano e gli angoli della sua bocca si aprono in un sorriso facendole intravedere quella fila di denti bianchi pressoché perfetti e lei sentì un tuffo al cuore.
Qualcuno le aveva parlato del colpo di fulmine, qualcuno le aveva detto che era la forma di amore più forte e più incondizionata, qualcuno però le aveva anche detto che era quello che faceva più male: si sentì terribilmente ridicola a quei pensieri rivolti ad un perfetto sconosciuto, sorrise tra sé e sé e rubò la birra di Rachel troppo presa a punzecchiarsi con Martin per accorgersene.
Avril le schioccò due dita davanti agli occhi e rise «Lo so che mio fratello è particolarmente bello, ma te lo stai mangiando con gli occhi.»
«Cosa?» fece finta di nulla Sally facendosi quasi andare la birra di traverso.
«Ho detto che lo so che mio fratello Gregory è bello, penso che anche lui potrebbe essere interessato!» constatò la mora gongolando.
«Ah,» borbottò la riccia arrossendo «Beh qualcuno sta per mangiare anche te,» sviò il discorso portando l’amica a riguardare Jack.

 
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roxanne ;
view post Posted on 29/1/2011, 21:06




vogliamo il capitolo nuovo è_è trololol
 
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23 replies since 27/1/2011, 22:56   159 views
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